martedì 16 settembre 2014

MATTIA VS FOOD # 12: IL BALUARDO DI SVENTURA



Mattia vs Food ha sempre parlato di come il cibo sia stato fonte di guai per il sottoscritto. Un’equazione in cui le variabili erano molto spesso quantità, qualità o temperatura dell’alimento. Eppure molti di voi saranno d'accordo sul constatare che, spesso, il cibo è assolutamente ok. Spesso la situazione memorabile che raccontiamo al bar non riguarda il cibo in sé, ma l’ambiente circostante. Quel qualcosa che accade e impedisce di poter godere del rito alimentare.
Allacciate le cinture e preparatevi a fare un salto indietro nel tempo, quando Mattia aveva un quindici anni buoni e tutto andava per il meglio.

Siamo a Capri. Non ricordo con chi.
Siamo alla spiaggia vicino i Faraglioni e, ipotecando la casa a Perugia, riusciamo a permetterci dei panini al chiosco lì vicino. Li paghiamo quanto una Volkswagen.
Non faccio in tempo a gustarmi il prosciutto secco e il formaggio finto tra le fette di pane che una strana sensazione mi avviluppa tutto: sono osservato. Occhi che cercano, occhi che scrutano.

Occhi che vogliono.



Inorridito da tanta lucida follia (parlo di quella che sgorga dagli occhi del pennuto), gli lancio un pezzo di prosciutto. Quello si lancia con selvaggia furia sull’offerta e la divora in un sol boccone.
Approfittando della mattanza io fuggo, zigzagando fra i turisti tedeschi con sandali e calzini. 
Credendomi al sicuro, dietro ad uno scoglio, addento il panino avidamente, cercando di finirmelo in fretta. Per poco non mi strozzo. Sono a metà dell’opera quando di nuovo sento quella sensazione.
Sbircio oltre la roccia e lui è lì.
Baluardo di Sventura, Flagello dei popoli e Braccio della Disgrazia.

Di nuovo i suoi occhi mi si piazzano addosso. E sono come due lame fredde che scavano nelle carni, alla ricerca della mia ragione e della mia volontà.
È come essere scrutati da Sauron.

Gli lancio un pezzo di pane, lui lo annusa e, disgustato dal fatto che l’offerta non consiste più in prosciutto, torna a scrutarmi con fare critico e violento.
Lo stress psicologico del tutto è insopportabile, e io mi infilo gli occhiali da sole, nella speranza di non essere riconosciuto.

Questo gesto fa impazzire il gabbiano, che si lancia urlando a becco aperto. Corre, corre come un ossesso calpestando i turisti e graffiando schiene con i suoi artigli. Corre ad ali aperte, assetato di sangue.

Io faccio quello che una qualsiasi persona sana di mente avrebbe fatto: gli lancio il panino in faccia e fuggo.

Non sono mai più tornato a fare il bagno a Capri.


Temo che lui sia ancora lì ad aspettarmi nelle tenebre.

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