lunedì 28 luglio 2014

LE RECENSIONI DEL POLPETTONE: TRUE DETECTIVE


Uno dei miei numerosi difetti è quello di parlare di tutto ciò che mi piace in toni eccitati e/o volgari. Quindi cercherò di ridurre al minimo l'utilizzo di parolacce all'interno di questa recensione. Alla fine del post vi attenderà un contatore, misura di quanto mi sia saputo controllare.

TRUE DETECTIVE È UN CAZZO DI CAPOLAVORO

Non appena misi gli occhi sul primo capitolo la finestra si spalancò e, insieme ad un vento fresco del Nord, una voce riempì l'aria:

SSSssscrittooooriiiiiicompetentiiiii

La prima grande cosa che infatti si evince dal primo episodio (e da quelli successivi, ovviamente) è l'immenso lavoro fatto da Nic Pizzolatto. E di quanto una scrittura di un certo livello manchi alle serie moderne come l'aria.
Il linguaggio stesso con cui la serie ci racconta la vicenda è infatti molto più quello di un film che una serie. I dialoghi sono qualcosa di incredibile. Un quasi Leonard sulla scala Leonard (scala da oggi utilizzata ufficialmente su questo Blog per definire la qualità dei dialoghi).

Fukunaga, il regista, si diletta nell'utilizzare il grande tesoro che gli viene dato: La location di una Louisiana stanca, umida, opaca. Una fotografia che la sappia valorizzare, rendendo l'aria appiccicosa e le acque stagnanti. Rendendo la luce del sole sfiancata dal valicare le nubi.

E poi gli attori. E le loro performance fuori dalla norma.


Woody Harrelson nei panni di Martin Hart

Io ho un problema con Woody Harrelson. La sua faccia non mi permette di essere oggettivo. Quel sorriso da figlio di puttana, quegli occhi socchiusi. Quell'essere dannatamente, fottutamente americano. Io AMO Woody. Gli voglio bene come fosse uno zio. Quindi se non volete bene a Woody quanto gliene voglio io, abbandonate questo blog e non tornate più.

Rimane il fatto che negli otto episodi della stagione è padre di una performance veramente eccezionale e di rara profondità.
Il suo detective Hart è un uomo carico di contraddizioni, uno stronzo che tradisce la moglie e un duro.
E qualcosa, nella chimica recitativa di Woody, lo fa brillare. E, come dovrebbe essere per ogni personaggio, amare. Il rapporto coerente e realistico che, sul set,  il suo personaggio instaura con il suo partner è da applausi.


Matthew McConaughey nei panni di Rustin Cohle

Qui siamo nella cazzo di serie A. McConaughey si conferma come uno dei migliori della sua generazione, destinato a diventare un De Niro o un Hoffman.

Rustin "Rust" Cohle è un animale interessante.

E non uso il termine animale a caso. L'incredibile bravura di Matthew trasforma il suo personaggio in una specie di gatto fumatore.
Le sue movenze, il suo sembrare sempre vagamente assopito e, al tempo stesso, segretamente vigile.
Tutto, nella sua interpretazione, è reale ed esatto. Dallo sguardo di disperato buio durante le visioni al gustarsi ogni singola fottuta sigaretta durante le riprese.
Mio Dio quanto si gusta quelle sigarette. Non sono mai stato tanto vicino al riprendere a fumare. Tu sia maledetto, Matthew.
Per le sigarette che ti gusti e per aver delineato standard recitativi talmente alti che l'80% del resto sembra merda.

La prima stagione di True Detective si snoda in 8 episodi ben collegati l'uno con l'altro, in cui il ritmo è sempre bello sostenuto, seppur rallentando un pochino a metà della serie.
Una menzione d'onore se la merita la scena dello scontro finale. Non spoiler nulla, ma quella scena è terrificante. Tuttavia un terrore profondamente raffinato. Quello che ti spaventa ma tiene il tuo occhio incollato sull'azione. Come guardare un equilibrista che vacilla e sentirsi, inconsciamente, attratti da quel pericolo dietro l'angolo.
Un capolavoro di regia che, sotto ogni punto di vista, colpisce duro come un pugno.

La visione è consigliata e obbligata. Fatelo.

CONTATORE DI PAROLACCE: 6. Non male.





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