Ricordo che, negli innumerevoli pomeriggi che passavo con Francesco
nella mia felice giovinezza, i più nefasti erano quelli collegati a Zoo
Tycoon.
Zoo Tycoon era un gioco abbastanza infame. Non aveva nessun picco di eccellenza e il motivo per cui invece che giocare ad un cazzo di sparatutto io e Francesco stavamo le ore davanti al computer accudendo animali inesistenti rimane per me un mistero.
Tra i vari episodi legati al gioco della Blue Fang Games, sicuramente il più tristemente noto rimane quello di JoJo, la scimmia incontentabile.
Tutto iniziò con me e Francesco che compriamo uno scimpanzé per il nostro zoo, sicuri che il buffo e amichevole primate sarebbe stato la gioia di grandi e piccini.
Quando il gioco ci chiede di dargli un nome, Francesco subito butta là “JoJo”.
Zoo Tycoon era un gioco abbastanza infame. Non aveva nessun picco di eccellenza e il motivo per cui invece che giocare ad un cazzo di sparatutto io e Francesco stavamo le ore davanti al computer accudendo animali inesistenti rimane per me un mistero.
Tra i vari episodi legati al gioco della Blue Fang Games, sicuramente il più tristemente noto rimane quello di JoJo, la scimmia incontentabile.
Tutto iniziò con me e Francesco che compriamo uno scimpanzé per il nostro zoo, sicuri che il buffo e amichevole primate sarebbe stato la gioia di grandi e piccini.
Quando il gioco ci chiede di dargli un nome, Francesco subito butta là “JoJo”.
Qualcosa andò orribilmente storto.
Il gioco era solito mandarti delle notifiche quando gli animali erano affamati, o arrabbiati, o innamorati.
JoJo aveva un solo problema.
JoJo non era felice.
MAI.
Io e Francesco fummo trascinati in una spirale discendente di ansia e terrore. Facemmo della felicità di quella cazzo di scimmia una missione sacra. A discapito dello zoo.
Fanculo la partita. La scimmia doveva essere felice. Tutti gli incassi dello zoo furono devoluti alla costruzione di una gabbia faraonica, completa di torre di corda, giochi, laghetti.
Tutto per compiacere il miserabile JoJo, che se ne stava sempre in un angolo a piangersi addosso.
I visitatori pagavano fior di quattrini per assistere all’esistenza decadentista di una versione pelosa e depressa di Giacomo Leopardi.
Sempre quel maledetto messaggio in sovrimpressione: JoJo is not happy.
JOJO IS NOT HAPPY.
Animatrice personale per farlo divertire: JoJo is no happy.
Cibo cucinato in loco da chef tre stelle Michelin: JoJo is not happy.
Altalene placcate d'oro: JoJo is not happy.
Puttane dalla magna Grecia, esperte in sesso orale con risucchio: JoJo is not happy.
Il gioco era solito mandarti delle notifiche quando gli animali erano affamati, o arrabbiati, o innamorati.
JoJo aveva un solo problema.
JoJo non era felice.
MAI.
Io e Francesco fummo trascinati in una spirale discendente di ansia e terrore. Facemmo della felicità di quella cazzo di scimmia una missione sacra. A discapito dello zoo.
Fanculo la partita. La scimmia doveva essere felice. Tutti gli incassi dello zoo furono devoluti alla costruzione di una gabbia faraonica, completa di torre di corda, giochi, laghetti.
Tutto per compiacere il miserabile JoJo, che se ne stava sempre in un angolo a piangersi addosso.
I visitatori pagavano fior di quattrini per assistere all’esistenza decadentista di una versione pelosa e depressa di Giacomo Leopardi.
Sempre quel maledetto messaggio in sovrimpressione: JoJo is not happy.
JOJO IS NOT HAPPY.
Animatrice personale per farlo divertire: JoJo is no happy.
Cibo cucinato in loco da chef tre stelle Michelin: JoJo is not happy.
Altalene placcate d'oro: JoJo is not happy.
Puttane dalla magna Grecia, esperte in sesso orale con risucchio: JoJo is not happy.
Sapete com’é andata a finire?
Io e Francesco abbiamo afferrato JoJo e l’abbiamo sbattuta nella gabbia degli alligatori, avvampati da una frenesia primordiale, eccitati dalla promessa di sangue.
Urlavamo anche noi, come primati, incitando gli alligatori al banchetto.
Com’era buffa, JoJo, scappando su due gambe dai grandi rettili. Com’erano dolci le sue urla strazianti mentre veniva fatta a pezzi, mentre io e Francesco ci abbracciavamo, piangendo.
Felici.
E, sullo schermo, per l’ultima volta:
Io e Francesco abbiamo afferrato JoJo e l’abbiamo sbattuta nella gabbia degli alligatori, avvampati da una frenesia primordiale, eccitati dalla promessa di sangue.
Urlavamo anche noi, come primati, incitando gli alligatori al banchetto.
Com’era buffa, JoJo, scappando su due gambe dai grandi rettili. Com’erano dolci le sue urla strazianti mentre veniva fatta a pezzi, mentre io e Francesco ci abbracciavamo, piangendo.
Felici.
E, sullo schermo, per l’ultima volta:
JOJO IS NOT HAPPY
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