Oltre quel confine, quel baratro che ci separa da quello che potrebbe essere il serial killer numero uno del Paese, così come una dolce vecchietta che lavora a maglia?
Chi è davvero IL VICINO??? (musica da trailer horror, partono le sequenze filmate sincopate)
Nella vecchia casa di Turnpike Lane avevo un vicino molto particolare. Di aspetto sembrava un professore di chimica fricchettone: capelli bianchi e ricci ai lati delle orecchie, pelata calva e lucida, occhiali, faccia buona. Una moglie di colore molto più giovane rispetto a lui e una figlia, sempre di colore.
E fin qui tutto normale. Fino al giorno in cui me lo ritrovai nel giardino di casa.
Si da il caso che costui fosse un maniaco del fai da te, infatti si era costruito il giardino da solo ed ora, visto che doveva potare le piante come si deve, era sfociato nel mio. Io gli dico faccia pure, gli offro un caffè come Dio comanda, ci chiacchiero. E ancora mi sembrava una persona normale. Pure simpatica, vi dirò. Mi mostra la piccola giungla che aveva costruito, con tanto di fontana per abbeverare le bestie e gli uccellini.
Poi venne il giorno. Il giorno in cui piazzò dei marchingegni ad ultrasuoni per cacciare i piccioni dal tetto. Ogni volta che un volatile approcciava la casa un sistema di sensori di movimento innescava un fischio acutissimo che spaventava il pennuto e trascinava noi abitanti del civico 26 in un abisso di follia.
Un fischio acuto. Un fischio acuto. Un fischio acuto.
Un fischio acuto.
UN FISCHIO MOLTO ACUTO. DENTRO IL CERVELLO.
Fermai un coinquilino appena in tempo, aveva un trapano in mano. Voleva cacciare il fischio dalla testa, mi disse poi. Un altro coinquilino lo trovammo che aveva le convulsioni, con una strana schiuma rossastra che gli usciva dalle orecchie. Un altro lasciò tutto per la disperazione e partì alla volta di Harstad, in Norvegia, dove è ora padre di due gemelli biondi.
Si susseguirono un paio di mesi generalmente tranquilli, in cui tutto era normale eccetto per rumori di martellate e seghe circolari ad ore improponibili.
Poi una mattina mi sveglio con un odore penetrante di pece rovente nelle narici. Ovviamente credo di stare ancora sognando, che la pece non la si usa più dai tempi della Compagnia delle Indie.
Poi mi affaccio dalla finestra e guardo di sotto nel giardino. Il vicino pazzo stava ricoprendo il tetto di una piccola casa prefabbricata di legno.
Con della pece rovente.
Settimane dopo, il civico 26 passa un periodo relativamente pacifico, in cui il vicino folle se ne sta apparentemente buono e chiuso in casa. Sembra quasi di essere una casa normale, se si riesce ad ignorare gli ultrasuoni martellanti come urli di banshee.
Poi un bel giorno sto alla finestra facendo foto artistiche da radical chic, quando scatto questa (cliccateci e ingranditela, vi prego):
Nella foto non si vede benissimo, ma quelle infilate nella terra scura sono facce di pietra grottesche, orrendamente contorte in espressioni di dolore. Più un teschio.
Più una Venere di Milo e altre due tizie non identificate, spiate da un nano (sembra Mammolo), viscidamente impegnato a masturbarsi selvaggiamente dietro ad un cespuglio di felce triassica.
Da allora ebbi una profonda, incontrollabile paura di quel signore dal sorriso buono e dagli occhi glaciali.
Grazie al cielo mi sono trasferito.
vai in macelleria e compra una testa di maiale e buttala nel giardino.
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