giovedì 2 ottobre 2014

PIERO DA POLLO'S # 21: SPACCACRANI!



Benvenuti alla ventunesima puntata della rubrica che sa di pollo. Benvenuti, ancora una volta, alle avventure di Piero, ragazzo ventiseienne neo manager in una catena di ristoranti londinesi Che chiameremo Pollo's.
Ovviamente ogni riferimento a catene o persone realmente esistenti è da ritenersi assolutamente casuale e non voluto.

Da Pollo's abbiamo una clientela molto variegata. Abbiamo gente beneducata (rarissima), disinteressati figli di troia (molti), maleducati pezzi di merda (moltissimi) e i casi eccezionali, quelli che sfociano talmente nel violento o nel maleducato da spingere te, manager, a compiere il passo del "fuori dal mio ristorante".
Fare una cosa del genere a Londra è un grande shock per il cliente. L'inglese medio è stato infatti abituato ad un customer service con i contro fiocchi, riassunto nel concetto del “oh mio Dio ha trovato una mosca nella minestra mi dispiace tanto non controllo nemmeno se è vero la prego accetti questo assegno da un milione di dollari e la proprietà della mia casa al mare e prego si scopi pure mia figlia nel culo senza precauzione alcuna”.

Ora è necessario introdurre i Dark Goonies. Essi sono un gruppo di ragazzi quattordicenni che se ne stanno sempre in giro per il centro che ospita il mio ristorante, facendo danni, disturbando e dando prova di una maleducazione e di una stupidità da documentario.

La combriccola è composta da una ragazzetta bassa, in carne e straordinariamente brutta, un ciccione occhialuto e riccio, un ragazzetto che finirà a fare lo spacciatore o lo scaricatore e altre quattro ragazzette mai distinguibili fra loro, tutte bionde, truccatissime e rumorose.
Sempre appiccicate ai loro cazzo di iPhone, masticando gomme a bocca spalancata. Io le guardo dal bancone, e già le immagino a vendere il loro corpo per soldi o per una dose.

I nostri amichetti sono degli orribili mostri, non meritevoli dell'aria che respirano.
Lasciano le loro biciclette ovunque, urlano, rubano, cercano di fotterti.

L'ultima volta hanno gettato dello yogurt per terra, hanno messo a soqquadro i bagni e provato a rubare delle decorazioni.

Mi promisi di non farli entrare più.

Quando li vedo entrare, in un pungente pomeriggio settembrino, lancio uno sguardo d'intesa al manager che lavorava con me e mi avvio al tavolo dove si sono seduti.

“Io gli dico di andare a cacare”, faccio senza distogliere lo sguardo dal gruppo di cerebrolesi.

Lui fa spallucce. Lo prendo come un si.

Mi avvicino al tavolo sorridendo, con gli immondi aborti che mi guardano con il tipico sguardo del ragazzino maleducato, di chi è intoccabile e supremo.

“Ciao ragazzi. L'ultima volta avete cercato di rubare e avete sporcato tutto il bagno. Vi devo chiedere di lasciar il locale.”

La ragazzina bruttissima risponde, ironica: “Non sto mangiando.”

Io, stupito da come si possa fraintendere un ordine semplice come "fuori dal locale", sgrano e gli occhi e gli faccio “scusa?”, dando al piccolo mostro la possibilità di rispondermi scandendo le parole, come se fossi un deficiente.
“N O N S T O M A N G I A N D O” mi fa, e le giovani prostitute che la circondano ridono acute.
Guardo quella ragazzetta orrenda e ignorante e vorrei, in cuor mio, risponderle: “lo vedo che stai mangiando, brutta ritardata. Ti ho detto di uscire dal locale infatti, non di uscire dal locale se stai mangiando, mentecatta. Vai a consumare il tuo pasto altrove, nello stesso luogo dove consumerai la tua inutile vita, dettata da insoddisfazioni umane e lavorative e, dato il tuo aspetto abominevole, molto probabilmente dall'assenza di amore o contatti umani. Tu e i tuoi amichetti siete lo specchio della Londra aggressiva, marcia e diseducata. Siete il volto del mondo dove non voglio vivere, siete lo schifo, la vergogna, i non meritevoli.
Fai un favore al mondo e prendi i tuoi amici, andate sulle rive del Tamigi e, ve ne prego, buttatevi tra i flutti. Sono pronto a scommettere dei soldi sul fatto che nemmeno i vostri genitori sentiranno la vostra mancanza, piccoli rifiuti. Ti sfregerei a suon di schiaffi se non sapessi che migliorerei il tuo aspetto. D'altronde la tua faccia non può che migliorare, schifosa ed inutile scimmia femmina.”

Ma non lo faccio.

Gli ripeto che devono andarsene, quando quello con la faccia da futuro spacciatore mi dice “io ho ordinato del cibo, sto aspettando”.
“E dov'è la ricevuta?”, gli chiedo io.
“Non ce l'ho la ricevuta”.
“Quindi non hai ordinato.”, incalzo io.
“Si che ho ordinato”
“Ben se trovi la ricevuta sarò lieto di rimborsarti tutto, ma voglio te e i tuoi amici fuori di qui”.

E qui subentra un nuovo manager in prova da noi. Lo chiamerò Spaccacrani, per tutelare la sua privacy. È un omone polacco amabile, divertente e buono. Ma è stato anche istruttore militare di Krav Maga, ex paracadutista, miliziano a pagamento in Kuwait, Afghanistan, Iraq. È specializzato in combattimento con coltello e ha diverse cicatrici da armi da taglio.

Ogni tanto, per passare il tempo, va a fare sopravvivenza nei boschi armato solo di una scatoletta di sopravvivenza, della corda e un coltello.

Ha dei tatuaggi con dei teschi sulle braccia.

Bene, Spaccacrani arriva, si piazza davanti al ragazzino e gli fa: "fuori”.

Il ragazzino gli indica il suo panino di Tesco e gli dice “sto mangiando il mio panino, non puoi cacciarmi mentre mangio”

Spaccacrani di tutta risposta afferra il panino (ancora chiuso nella confezione di carta) e, impassibile, lo accartoccia con una mano sola, riducendolo alle dimensioni di una moneta da duecento lire.




“Fuori”, ripete freddo.

Il bambino ciccione riccio, che fino ad ora se ne stava in disparte disegnando con uno dei kit che diamo ai bambini (e che aveva rubato), si sente in dovere di dire la sua: “Ma che cavolo vuoi, non capisco? Perché fate tutti questi problemi in questo ristorante, maledizione?”

Spaccacrani afferra la carta, i colori a cera e la scatola dei colori a cera e, con una mano sola, li accartoccia riducendoli alle dimensioni di un acino d'uva.

“Fuori”, conclude glaciale.

Riesce quindi a far uscire i piccoli degenerati che, nel tragitto, sporcano tutto il corridoio, a sfregio.
Io chiamo la security del centro che, famosa per la sua inutilità, ci consiglia di chiamare la polizia.
Fuori dal negozio i debosciati continuano ad offendere Spaccacrani e la mia general manager, chiamandoli “sporchi immigrati” e informandoli che, fosse per loro, tutti quelli come loro dovrebbero essere fucilati alle frontiere.

Io guardo quegli involucri di merda vuoti e, incredulo, spero che Spaccacrani gli faccia fare la fine del panino di Tesco.

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