martedì 8 luglio 2014

MATTIA VS FOOD # 8: IL CHICCO DI RISO



Il mio rapporto con il cibo e l’autocontrollo è sempre stato abbastanza difficile. Il che significa che fin da piccolo sono sempre stato un avido, ingordo figlio di puttana.
Questo ricordo risale a quando avevo più o meno sette anni, e con la mia famiglia ci eravamo appena trasferiti a Perugia.

Mamma ha appena fatto l’insalata di riso per la cena. Sono le quattro di pomeriggio e l’insalatiera, delle dimensioni del Lussemburgo, giace nel frigorifero, pronta per essere divorata al calare delle tenebre.
Io, dall’inizio della preparazione, già adocchio il mix da insalata, quello gustosissimo pieno di pannocchiette, capperi, olive e quant'altro.
Avvolto nell’ombra, sibilando e sbavando, giuro a me stesso che quel condimento sarà mio. Prima di cena.
Inizio a studiare tutta una serie di piani fantasiosi su come arrivare alla ciotola senza che mia madre mi redarguisca. Purtroppo molti di questi comportano l’uso di dinosauri o la morte di Mamma.

Sto per demordere quando il destino accorre in mio soccorso: mia madre mi annuncia che dovrà andare a fare la spesa con mia sorella, lasciandomi solo per una mezz’oretta.

AH. 

Andate pure, femmine, ad arricchire il paese della sterlina. Fuori da questa casa, sciocche donnette, con la testa piena di vezzi e sciocche superstizioni.
Lasciate Mattia solo. Solo con l’insalata di riso.

“Fai il bravo!” Dice mia madre mentre esce.
La porta non fa in tempo a fare CLAC che io sono già con la testa dentro il frigorifero. Attingo all’insalata di riso senza ritegno. Con le mani.
Al terzo boccone che inghiotto senza respirare, però, un chicco di riso mi si blocca in gola.
Inizio a tossire. Forte.
SEMPRE PIÙ FORTE.
Provo a bere dell’acqua ma nulla cambia. Il chicco è lì, lo sento.
Prigioniero del panico più nero, inizio a piangere, già vedendomi nel futuro molto prossimo in una cazzo di bara, con un gruppo di vecchiette piangenti ai lati che dico “era tanto un bravo ragazzo”.




Mi siedo, cerco di calmarmi fra le lacrime, ma il chicco sembra essere ancora lì. Cazzo ne sapevo io che l’uomo ci mette tipo tre secondi a deglutire completamente.
Esco di casa singhiozzando in cerca di aiuto. Dalla casa dei vicini sento delle voci. Mi ci fiondo.
Busso alla porta e il capofamiglia apre. Per poco non gli prende un colpo. Mi fanno sedere, mi calmano e mi offrono un bicchiere d’acqua.

Mia madre, quando mi venne a prendere dai vicini, si limitò a stare in silenzio. Io tenevo gli occhi bassi, ma non rimpiangevo la scelta.


Lo shock di quel pomeriggio fece si che io digiunassi, evento che accade ogni morte di Papa nero.

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