martedì 10 giugno 2014

GAME OVER # 8: RED DEAD REDEMPTION E IL GRANDE VUOTO



Ricordo con quanto ardore aspettai l'uscita di Red Dead Redemption. Mi guardavo tutti i trailer, gli approfondimenti. Mi leggevo gli articoli.
Passavo una quantità eccessiva di tempo a guardarmi le foto di game play e, fra me e me, mi dicevo: “Cazzo. Questo è il futuro.”
Poi venne il giorno. Avevo fatto il pre ordine da Blockbuster, e una copia fresca di fabbrica aspettava me e me solo. Ero al settimo cielo.
A breve avrei stretto tra le mani il nuovo capolavoro di casa Rockstar che aveva fatto gridare agli appassionati di western al miracolo.
Pago il commesso. Afferro la copia con la stessa espressione malata di Smeagol quando trova l’anello. Ne annuso la superficie. Osservo la pellicola di cellophane che lo avvolge. So bene che impiegherò ore a tentare di aprirla, ma va bene. Va bene.
Sarà come corteggiare una bella donna.
Torno a casa e infilo il gioco nell’XBox 360. La console, con il tipico rumore da camion che cerca di parcheggiare in un negozio di cristalli, fa partire la magia.
Io rimango accecato dalla vastità e dalla bellezza del gioco. Un gioco tanto profondo da meritare una recensione a parte.
Andrò quindi subito al punto e al grande problema che videogiochi vasti si devono trovare a gestire: i bug.
I bug sono quelle cose esilaranti che, per colpa di scherzi del motore grafico e delle leggi interne, portano il tuo personaggio (o quello che lo circonda) ad avere comportamenti bizzarri e inquietanti.
Come quando su The Sims 3 spedii un bambino a scuola e quello tornò a casa come se gli insegnanti gli avessero asportato le ossa dal corpo. 
Un flaccido verme con delle lunghissime gambe. Il tutto era reso ancora più esilarante dal fatto che gli altri abitanti della casa si comportavano in maniera del tutto normale.
Ma torniamo a noi. Insomma questa vicenda si svolge abbastanza avanti nella storia principale, quando il mio personaggio raggiunge le riarse ed assolate lande messicane.
Sono, ovviamente, coinvolto in uno scontro a fuoco. Un gruppo di puzzolenti messicani mi sparano da dietro ad una grande fontana. Io, ghignando, preparo una molotov al lancio.
Inutile dire che la molotov esplode per motivi a me sconosciuti a mezz’aria e il povero John Marston si ritrova divorato dalle fiamme.
Mi rotolo per terra urlando. Umiliato e ustionato dal lancio fallito, sparo all’impazzata e alla cieca.
Sento un nitrito. Un nitrito di agonia.
Il mio cavallo giace a terra, in una pozza di sangue. È stato raggiunto da tre dei tanti proiettili che ho sparato alla cieca.
Bella mossa, campione.
Insomma umiliato, ustionato e appiedato sparo in faccia ad un poveraccio che passava di lí con il sul carretto.
Ci salto sopra e, con un teatrale “NON MI AVRETE MAI!”, sparisco in una nube di polvere.
Il mio cavallo non fa in tempo a sfiancarsi che il carretto si schianta contro un sasso e, per uno dei bug sopracitati, inizia a tremare.

Poi a sobbalzare.

Su e giù.
Su e giù.
Sempre di più.
All’ultima botta il terreno inghiotte il carretto, il cavallo e il povero John Marston.




Rimasi un po' di tempo fumando sigarette e guardando quello schermo completamente bianco e quel carretto sospeso nel nulla più assoluto.
Spensi la console staccando la presa dal muro, come si confà a queste occasioni.

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