domenica 8 giugno 2014

MATTIA VS FOOD # 6: IL MATRIMONIO DI GABRIELE



Adoro i buffet. Si instaurano sempre strane dinamiche sociali, attorno ad essi. Si avverte molto più il nostro essere, alla fin dei conti, delle bestie.
Ogni invitato si lancia sì sulle pietanze, ma i suoi occhi son spesso rivolti agli altri, in un’atavica, profonda paura del pasto rubato.
I più deboli vengono immediatamente riconosciuti e sopraffatti, e devono aspettare molto tempo prima di poter mangiare qualcosa. Li si può osservare confinati ai lati della folla, in piedi, con il piatto vuoto, stirando il collo per cercare un passaggio, uno spiraglio in quel muro umano.
Alcuni provano ad allungare una mano e cercano di arraffare una tartina di straforo, ma vengono inevitabilmente beccati e redarguiti dalla folla a suon di “Ma non vede che c'è una fila?”.
Vengono quindi allontanati nuovamente ai margini del banchetto, in un limbo di acquolina, fame e vergogna.
Molti di questi poveri derelitti non arrivano al dolce. Si impiccano prima all’albero più vicino. O ad un lampione. O ad una trave.

Non c'è spazio per i deboli a questo mondo. Men che meno ai buffet.

Dopo questa gioiosa premessa mi lancerei, con il vostro permesso, a raccontare dell’ultimo, devastante buffet a cui ho avuto il piacere di partecipare. Il lieto evento in questione era il matrimonio di Gabriele e Laura (a cui rinnovo i miei auguri).
Cornice della festa era un agriturismo poco distante da Osteria Nuova, nel nord di Roma. Il posto era assolutamente spettacolare: un borgo medievale (con tanto di chiesa) abbarbicato su una collina. Ai piedi di questa un pascolo con un gigantesco fontanile e, su un’altra collina, il grande casale che ospitava il ristorante.
Parcheggiamo la macchina e veniamo portati in loco da una spassosissima macchina elettrica (tipo quella da golf, per intenderci).
Lì veniamo ammansiti a colpi di prosecco e cocktail analcolici, mentre il servizio catering apparecchia il buffet e accende il fornello sotto una gigantesca padella di frittura.
Io immediatamente penso alla frittura di mare e inizio a sciogliermi dal piacere, come il giudice su Chi ha Incastrato Roger Rabbit.
Purtroppo (o per fortuna) la frittura in questione si trattava di zucchine e melanzane + delle foglie di salvia impastellate delle dimensioni di un comodino IKEA.
La folla, ruggendo, si lancia sul buffet.
Io, serio e rodato esperto del settore, aspetto che il primo muro di folla si accalchi. Dovete sapere che c’è sempre qualcuno che si sbaglia. O che arriva in un punto dove non c’è nulla che lo interessa, e si deve spostare. Cogliete quel momento con occhio vigile e, non appena si crea il buco, ZAC! 
Buttatevici dentro.
Una volta di fronte alle pietanze, ricordate sempre di non sorridere mai. Chi sorride viene immediatamente sopraffatto dai parenti più forti, o dalle persone che non si conosce bene.
Assumete un espressione seria, corrucciata. L’espressione di chi comanda eserciti e dirige industrie, di chi non ha tempo da perdere, di chi non può aspettare.
I più deboli si faranno abbindolare, e cederanno il passo.
Capiterà però di incontrare altri PDB (Professionisti Del Buffet) e li la cosa si complica. Quella è gente rodata, che non si fa abbindolare da nessuno. Potete quindi utilizzare due strategie diverse:
1) Deviate l’attenzione: guardando alla loro destra, sgranate gli occhi come se qualcosa di assolutamente imperdibile sia stato appena aggiunto al buffet. Se non sono veri campioni, cederanno per un attimo e guarderanno in quella direzione. È quello il momento per, viscidamente, rubargli il cibo da davanti.
2) Parlateci: Questa è una tecnica disperata e conosciuta solo dai Gran Maestri PDB. Attaccate bottone con frasi tipo “Ma tu non sei il fratello/sorella della sposa/sposo?”. Interrompete il loro contatto visivo con il cibo. Mentre vi guardano e vi rispondono, continuate ad arraffare cibo e buttatevelo nel piatto. Non muovete le spalle, fate solo lavoro di polso. Continuate a parlare e sorridere.

Forte delle mie conoscenze e della mia faccia di bronzo, mi faccio largo fra i commensali e arraffo l’ottima (anche se un po' unta) frittura preparata sul momento, torte rustiche, ricottine al forno, salumi e formaggi vari. Insomma, ogni ben di Dio.
Alimentati a prosecco saliamo tutti vispi le scale che portano alla sala da pranzo. Io e la zia di Francesca, entrambi nel campo della ristorazione, per deformazione professionale iniziamo a controllare i livelli igienici del locale e dello staff.
Si parte con il primo: ravioloni alla ricotta con crema di formaggi e pomodorini pachino alle erbe. Deliziosi, me ne faccio due piatti.
Il cameriere, indisposto dalla mia incredibile bellezza, mi ignora.
Il secondo primo è, mi duole ammetterlo, non straordinario quanto la prima portata: una pasta tipo strozza preti con sugo ai funghi porcini e bacon croccante. Me ne mangio due piatti, tanto per non farlo sentire da meno.
Il secondo è, come avevo accennato brevemente in un post di una settimana fa, una gamba di vitello. Il che significa che quattro camerieri hanno trasportato in sala una GAMBA DI VITELLO di un metro e mezzo, accompagnata da patate arrosto e verdure.
Veramente, veramente deliziosa. Ne mangio tre piatti e inizio ad avere serie difficoltà respiratorie. Approfittando della mia momentanea debolezza, l'odioso cameriere passa e mi da una spallata. Io cerco di protestare, ma quello che emetto è molto simile ai versi delle grandi balene. Quelli che si sentono su National Geographic.
È ora tempo del buffet di dolci, una schiera di delizie brutalmente schierate su dei tavoli, in modo da finire i commensali ancora in piedi.
È ormai pomeriggio quando io, Francesca e Andrea (suo cugino), ci ritroviamo seduto ad un tavolino lontani dal gruppo. Io non è che mi sento proprio benissimo, la pancia sta cercando di strapparmi la camicia e, lontano, Gabriele mi sorride. Ma potrebbe essere benissimo qualcun altro, che la vista è sfocata. Colpa degli zuccheri.




Continuo a sorridere ebete, ubriaco di cibo, quando mi colpisce come un pugno la consapevolezza che dovremo spostarci presto in un altro luogo, dove la festa continuerà.
Un luogo dove ci aspetta un buffet di dolci, cornetti, pizzette e stuzzichini dello Zozzone, storico negozio romano famoso per la bontà dei prodotti ma non per la pulizia.

’Sti cazzi. 
Quel che non strozza ingrassa.

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