giovedì 29 maggio 2014

LE RECENSIONI DEL POLPETTONE: TENUTA SAN PIETRO AL PETTINE

Tornare in Italia significa per me, come immagino per molti altri, una corsa forsennata votata a salutare Tizio e Caio prima del ritorno all’estero. Questo significa, automaticamente, che in una vacanza di diciamo una settimana un povero Cristo non trova realisticamente il tempo di sedersi e godere del dolce far nulla.
Di corsa, di corsa, di corsa.
La mia ultima vacanza è stata esattamente questo: una corsa. Sette giorni di macchina, treni, aeroporti.
Una corsa tra eccellenze alimentari, anche. Il che ha reso tutto decisamente gradevole.
Prima a Roma, per il matrimonio di Gabriele (il fratello della mia ragazza, a cui rinnovo i miei più sentiti auguri), dove tra le varie portate hanno affettato in sala una GAMBA di mucca. Enorme.
Mi sono sentito immediatamente vichingo.

Il picco d’eccellenza, devo essere sincero, viene però raggiunto in un'altra occasione: dovete sapere che Alice e Jack (il mio povero amico) stanno gestendo il ristorante all’interno della Tenuta San Pietro a Pettine, famosa per i tartufi e tutti i suoi derivati.
Sono molto affiatati e il ristorante, da luogo in cui il padre di lei invitava i clienti a cena, è rapidamente diventato molto affollato, tanto da spingere Alice ad assumere un aiuto in cucina.
Da allora Alice e Carlo (il padre) hanno instancabilmente battuto il territorio alla ricerca dei prodotti più genuini, sani e introvabili.





Innanzitutto la tenuta in se fa gran parte del lavoro: adagiata sulle colline di Trevi e accompagnata da una vista mozzafiato sulla vallata, diventa già per se motivo sufficiente per una visita. 




All’esterno tavolini in ferro permettono agli ospiti di sorseggiare prosecco mentre si godono i dolci clivi umbri (cosa che ho fatto, ovviamente).
Ma passiamo rapidamente all’interno e a quella che è stata la mia esperienza eno-gastronomica.







La sala avrà si e no una ventina di coperti, più un privè al piano superiore. L’ambiente è caldo, accogliente, le luci delle candele rendono il tutto molto intimo e subito ci si sente a proprio agio.
Prendo posto a sedere si viene subito accolti dal mio amico Jack (che sembra essere diventato una persona seria). Ci spiega che non esiste menù, che tutto è freschissimo, che ci delizierà con vini e che manco si sa il dessert. Ce lo comunicheranno dopo, che è una sorpresa.
Io, che odio quei ristoranti fighetti tutti tirati dove il menù è una bibbia di diciotto pagine, faccio un gran sorriso e attendo di essere stupito da Alice.
Si parte subito con un cestino di pane e focaccia alla salvia fatta in casa. 




Il tutto accostato da una ciotola a di olio aromatizzato al tartufo per pucciarla dentro. Una voce dice “Mattia, non mangiarla tutta anche se è deliziosa, assaggia tutto il resto!”. Io mando la voce a quel paese e mi divoro un cestino intero, allontanando mia madre e mia sorella con tecniche di hapkido.




Secondo antipasto è una selezione di affettati e formaggi: salame di asina, salsiccia al tartufo, un formaggio molle meraviglioso per il quale venderei tranquillamente mia madre, un crostone al lardo e tartufo nero, una mortadella locale biologica e, per finire, due fettine di un formaggio x accompagnato da una fetta di mela secca.
Io divoro tutto cercando di darmi un contegno, che c'è anche altra gente attorno a noi.




Alla traditora, Jack porta delle coppette contenenti mostarda all’arancia fatta in casa, da associare ai formaggi. Io, che i formaggi li avevo finiti da tempo, lo guardo male. Lui, di risposta, mi dice che devo mangiar piano, che faccio schifo, che mia madre e mia sorella ancora stanno alla focaccia.




Nemmeno ci siamo ripresi dalla bontà degli affettati che SBAM, arrivano i fegatini al cognac e tartufo, accompagnati da una foglia di salvia fritta.




Tocca ora a delle uova strapazzate con tartufo nero. Ora io, da grande esperto di scrumbled eggs quale sono diventato, parto subito con piglio critico, ma ancora una volta Alice mi stupisce, e il piatto ha una consistenza perfetta. Ne mangio tre piatti.




Il primo è una porzione esagerata di pappardelle fatte in casa con fave e tartufo, una vera prelibatezza. Io, ormai accecato dalla libidine, mangio le porzioni di mia madre e mia sorella.




Il secondo è un medaglione di maiale glassato con sale alle mandorle e tartufo, accompagnato da un purè di patate e dall’immancabile salvia fritta. Cottura perfetta, gusto eccezionale.

Come testimoniato dalla foto, non ce la faccio a finirlo. Inizio a stare molto male e sudo.



Gli invitati (così mi piace pensarli, chiamarli clienti li vede defraudati da quell’atmosfera casalinga veramente speciale) possono ora godersi i due dolci che Alice ha preparato: gelato al riso e tartufo con menta e biscotto al cioccolato e zuppa inglese con crema e un tela al tartufo.
Come si può evincere dalle foto, io non riesco a mangiarli, che ero sdraiato fuori sul pavimento, boccheggiando in coma alimentare. Alice prova a rianimarmi facendomi masticare della menta e praticando altri incantesimi degli elfi.
Jack ride.

Di fatti, cara Alice, la mia unica critica sono le porzioni troppo generose: come pretendi che un povero Cristo possa assaggiare tutte le portate? L'unica soluzione è adeguarsi agli antichi usi romani, e vomitare a metà pasto.

Ho sempre creduto che il luogo migliore dove poter mangiare in Umbria fosse la locanda “i Birbi”. Mi sbagliavo.
Ora i lettori penseranno che io sia di parte. Li invito quindi a provare. Provare quella cucina straordinaria in cui tutto celebra il tartufo senza essere faziosa, o il rischio di essere pesante, stucchevole.
Tra i colli di Trevi c’è un pezzo di Eden, vale la pena farci un salto.

Mentre torno in macchina, sdraiato sul sedile posteriore e ubriaco di cibo, mi addormento sorridendo: due delle persone a cui voglio più bene sul pianeta Terra sono felici, affiatate e hanno costruito qualcosa di meraviglioso in un angolo di paradiso.

Si può augurare qualcosa di meglio ad un amico?

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