lunedì 10 marzo 2014

GAME OVER # 2: BROWN, A RAPPORTO.


SWAT 3 era davvero un gioco pezzente. Una grafica infima condita da una trama inesistente. Fu però per me, timido video giocatore in erba che si avvicinava con tremendo ritardo agli spara tutto in prima persona, una specie di iniziazione. 
Inutile quindi dire quanto mi ci divertii. Granate fumogene, tattiche, cartucce diverse da usare sullo stesso fucile... Per me era il paradiso.
Almeno fino a quando il gioco venne guastato da quello che a me piace pensare come anomalia unica nel suo genere, infezione inedita, solo della mia copia del gioco. Questa anomalia andava sotto il nome di Brown. Brown era un membro della mia squadra. 
Ora io so che all’epoca (si parla del lontano 1999) di certo l’intelligenza artificiale non poteva rasentare la perfezione, ma Brown... OH BUON DIO, BROWN!

Vi racconterò due episodi per farvi capire perché Brown non era solo un idiota, ma un pericolo per la squadra e per se stesso.

1) su SWAT 3 c'era un tasto particolare con cui potevi chiamare la squadra a rapporto. In parole povere, dovunque i tuoi uomini fossero in quel momento sulla mappa sarebbero tornati in dietro da te disponendosi disciplinatamente attorno e facendo un teatrale appello militare: “Johnson, operativo!” “Holfenny, operativo!” “O’hara, operativo!” “Brown, operativo!”
In una missione dovevamo infiltrarci in una villa tenuta sotto sequestro dai tipici terroristi senza nome dei paesi dell’est. Insomma io e i miei uomini facciamo una piccola ricognizione all’esterno e, dopo esserci accertati dell’assenza di guardie nel perimetro del giardino, ci raggruppiamo sotto un albero prima di attaccare. Johnson operativo. Holfenny operativo. O’hara operativo.

...

Mancava Brown. Cristo. Iniziamo a cercare l’imbecille facendo il giro lungo, con l’apprensione delle mamme preoccupate quando i figli si allontanano troppo. Ci scoprono. Scontri a fuoco, proiettili dappertutto. Feriti.
Ad un tratto vedo una figura in piedi sul bordo della piscina della villa. Mi avvicino cauto, pensando fosse una guardia.

È Brown. Con la testa rivolta verso la superficie dell'acqua, sembra guardare il proprio riflesso. Io misi in pausa perché non potevo credere a quello a cui stavo assistendo, e la rabbia e stress mi avevano fatto andare il sangue al cervello.
C'è però da dire che quel fermo immagine aveva un che di poetico: un povero idiota completamente bardato in tuta da combattimento sul bordo di una piscina illuminata dalla luce lunare.

2) Altra missione. Siamo tutti dentro un ascensore, pronti e carichi all’apertura delle porte e al successivo scontro a fuoco che ne conseguirà.
Sappiamo che dobbiamo essere preparati ad un inferno non da poco.

Ad un tratto Brown, dal nulla, lancia una granata accecante. 
Così, senza motivo.
Dentro l’ascensore ancora chiusa. Due metri quadri.
Tutti iniziano ad agitarsi come formiche impazzite, spintonandosi. L’esplosione e il flash ci lascia tutti senza vista e con l’udito compromesso. Posso però sentire le porte dell’ascensore aprirsi. E le urla eccitate dei nemici, che avere cinque soldati accecati chiusi in uno spazio di due metri quadri non è cosa di tutti i giorni.

Provai una disperata resistenza, ma fu tutto inutile.
Ero cieco, d'altronde.


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