sabato 22 febbraio 2014

GAME OVER # 1: BARBAROSSA




Benvenuti alla rubrica definitiva del video giocatore. Perché, lo sanno pure i babbi, la carriera del gamers non è tanto quella costellata da successi, dalle noiose missioni in cui tutto va liscio tanto ti sembrano facili. Il giocatore vero urla, bestiemma, rompe il joypad, esce per comprarne uno nuovo e riprende a giocare. Nel caso del mio amico Ludovico, si fa prendere dalla rabbia e sferra un potente pugno all’anta dell’armadio a muro, facendola crollare.
Questa rubrica è insomma dedicata agli ostacoli, ai fallimenti, all’incazzatura genuina, veri combustibili per il motore del progresso video ludico. Pronti alla partenza? Si inizia con Medieval Total War, nel lontano 2002.

Stavo giocando, stranamente, alla modalità Campagna. Quella in cui dovevi guidare gli eserciti di Barbarossa alla vittoria, per l'esattezza. Tutte le battaglie avevano quindi diversi obiettivi, ma uno in comune: Barbarossa non doveva morire.

Assedio. Il mio esercito circonda le mura di un possente castello. Barbarossa scruta la situazione da sopra una collina, al sicuro dalle frecce, circondato dalla sua guardia personale. 
La fase prima della battaglia era essenziale per posizionare le truppe e per costruirsi, almeno a livello ideale, una facile vittoria.
E io così faccio: dispongo gli arcieri, le catapulte, i cavalieri, i fanti. Tutto è pronto. Ricontrollo tutto. Rivedo i piani. La mia possente macchina da guerra è pronta a scattare, riducendo in cenere quella povera roccaforte che tenta invano di opporsi alla potenza ottomana.
Il cursore del mouse scivola sicuro sul pulsante “inizia battaglia”.
Dalle mura del castello, nessun rumore. Aspetto una trentina di secondi e ancora nulla.
Ordino quindi a una piccola squadra di fanti, poco più che carne da macello, di avanzare a portata di frecce, ma le mura sono silenziose e gli arcieri su di esse immobili.
D'un tratto un trabucco scatta con suono di frusta e un colpo formidabile parte verso il cielo. Il masso gigantesco compie una grande parabola, sorvolando i fanti, poi gli arcieri, poi i cavalieri.
“Ah!” Sorrido io, con il volto di chi la sa lunga. “Stupidi addetti alle macchine, mi hanno mancato di un chilometro!”
Ma il formidabile lancio ora inizia la sua discesa.
Veloce discesa.
Verso una collina.
La collina dove se ne stanno Barbarossa e le sue guardie.
Proprio quella.

Io in quel momento entro in quella che amo chiamare la modalità disincantata. Quello stato mentale in cui il tuo cervello sa già quello che sta per accadere, e il tuo corpo rimane immobile, sorridendo in maniera vuota. Unico segno a tradire un ribollire di rabbia interna, una vena gonfia sul lato della tempia.

Me la sono immaginata tutta la scena.
Le guardie che si guardano fra di loro nervose mentre capiscono che il sasso cadrà molto vicino.
“Che nessuno ceda alla paura. Non un fiato.” Dice Barbarossa, fiero condottiero.
“Mio signore,” azzarda una guardia, “Forse dovremmo spostarci.”
“SCIOCCHEZZE!” urla Barbarossa, paonazzo. “Io sono il Kaireddin! L’Ammiraglio della Flotta di Solimano! Il Terrore dei Cristiani! La luce di Allah! Credi che il nostro Dio permetta che io venga schiacciato come uno scarafaggio dal lancio fortunato di un miscredente?”



Allah era distratto, durante la mia partita.
Spensi il computer staccando la presa con gesto teatrale e uscii dalla stanza.

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