lunedì 13 gennaio 2014

FIAMME SOLIDALI



Quando mia madre mi propone di andare a fare qualcosa ho sempre un certo timore. Di solito si tratta di andare a vedere un film di quelli che piacciono a lei, che i registi hanno cognomi pieni di k, w e y e i titoli sono tipo “L'amara consapevolezza dei denti del mondo”, o qualche cazzata del genere.
Film in cui c'è generalmente una donna che soffre perché qualcuno è morto, e un amico che fa una professione strana e un gay. Almeno un gay.
Oppure si tratta di un qualcosa equo e solidale in un paese lontano e pericoloso nel nulla agreste, tipo “La sagra del solstizio dei Balcani del vento”, qualcosa in cui lei e i suoi amici si ritrovano a ballare la taranta fino a notte fonda e poi tornano a casa tutti felici e avvinazzati e solidali.

Insomma un bel giorno mia madre arriva e mi dice: “Cuoredimá perché non ce ne andiamo io e te a fare qualcosa?”

E io già volevo morire.
“Ci sarebbe un gruppo di amici miei che suonano De Andrè in un casolare in campagna a Monte Tezio, un posto incredibile!”
Io avevo la faccia eccitata di chi guarda un documentario sulla polvere.
“Loro mi hanno detto che sono bravissimi! E poi ci sarà tanto da mangiare!”
La parola MANGIARE mi fece scattare qualcosa. Sono sempre stato una buona forchetta, e l’idea di cibo gratis illimitato è da sempre stata per me molto allettante. Così accettai.
Partimmo da casa alle 6 del pomeriggio, un sacco di energia positiva. Fin quando non ci perdemmo.
I lettori devono sapere che mia madre ha la bussola interna rotta. Una volta dovevamo andare a trovare degli amici a Bevagna e percorremmo 100 km. In tondo. Attorno alla loro casa.
Alla fine, dopo aver dovuto fare benzina, riusciamo ad arrivare alla casa, effettivamente molto bella e molto solidale. Mamma mi presenta a tutti i suoi amici fricchettoni e io mi fiondai sul buffet e sul vino. Il gruppo era decente, suonavano De Andrè con l'ausilio di strumenti particolari ed esotici, sempre per essere molto solidali ed etnici. Attorno a me, signore di cinquant'anni con i capelli sciolti e gli orecchini solidali di legno di sandalo. I bambini che giocavano rincorrendosi, che le famiglie solidali vietano i videogame. Alla fine della serata, tra gli applausi, fuochi d'artificio!
Molto belli.
Molto vicini.
Troppo vicini.
Un cipresso prende fuoco. Poi due. Poi tre. Panico solidale tra i presenti.
Il cielo nero si riempie di scintille arancio e lampi.
Le fronde incendiate cadono sulla macchina del gruppo, che prende fuoco a sua volta.
Chiamiamo i vigili del fuoco, che tardano ad arrivare. Bambini che piangono, gente che cerca di spegnere furbamente le fiamme con una pompa dell'acqua.

In macchina, sulla via del ritorno, il silenzio. Poi io apro bocca:

“Oh Má...”
“Dimmi”
“La prossima volta si sta a casa, che ci vediamo Jurassic Park.”

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