venerdì 24 ottobre 2014

LE RECENSIONI DEL POLPETTONE: PAOLO CONTE "SNOB"


Pochi giorni fa è uscito Snob, il nuovo disco di Sua Maestà Paolo Conte. Stranamente sono riuscito, come successe anni fa per “Psiche”, a mantenere una mente lucida al riguardo e affrontare l'ascolto del disco con piglio critico. Lo comprai su iTunes sbavando, grattandomi come un tossico nell'attesa che il download si completasse.

La facciamo breve? Il disco è interessante. Non esaltante, non deludente, interessante. Voto numerico per i matematici?
Un 7 e mezzo.

Cosa significa? Perché non gli ho dato 10? Perché è un disco profondamente contiano. Chi ama Paolo Conte e lo segue da tanto non potrà che trovare il nuovo disco assolutamente familiare.
Le sonorità che hanno reso famoso l'avvocato sono qui raffinate, lucide e pronte a dar battaglia.
Pure troppo lucide.

Forse Snob è troppo pulito, troppo alla ricerca di un'anima orecchiabile tanto raggiunta quanto non necessaria.
Conte troppo Conte, ecco.
Meno Conte, please. Ma che rimanga Conte, please.
E ve lo dice uno che il Conte che fa il Conte lo ama. Uno che all'ascolto dello sperimentale “il Quadrato e il Cerchio” ha storto il naso.

Per carità, il disco è bello. Davvero bello. Specialmente le diabolicamente orecchiabili “Tropical” e “Si Sposa l'Africa”, che tuttora mi risuonano in testa.
Ecco. Altra cosa strana e mai successa prima: le canzoni di Paolo Conte non hanno mai avuto un motivetto che mi rimaneva in testa. Capitava, ovviamente, che io ripensassi alla bellezza intrinseca della canzone stessa, o alla poesia del testo, o alla potenza compositiva. Ma mai mi ero ritrovato a canticchiare ossessivamente un ritornello.
Sensazione strana. Non necessariamente sgradevole, anzi.
Strana, però.

Come se un giorno vostra madre entra in camera e vi chiede di giocare alla playstation, che i videogiochi la incuriosiscono.
Ovvio che voi non la mandate a cagare, anzi magari vi divertite pure a vederla giocare e ci passate uno splendido pomeriggio.
Solo che poi, quando lei esce dalla stanza, rimanete con quella sensazione piacevole ma strana di una cosa mai successa.

Degne di nota sono anche “i Moschettieri al Chiar di Luna” e “Argentina”, pure loro manifesti del Paolocontesimo al cento per cento. Richiamano, attraverso echi conosciuti, i tempi di Aguaplano e Reveries.

Insomma, per un vecchio Contiano accecato d'amore per l'avvocato come me questo disco è una sega a due mani.
Quando l'amore passa però, esattamente come nelle relazioni, i difetti vengono a galla, e si inizia a litigare.

Ma sarei un bugiardo se vi dicessi che non lo ascolterò nei giorni a venire, ringraziando Conte di esistere.

Come sarei un bugiardo a non riconosce che per molti potrebbe essere semplicemente un prodotto di qualità innegabile ma con sonorità a volte facili e un pizzico auto celebrativo.


Per concludere, nessuna Scala Giorgina, a 'sto giro.
Paolo è al di sopra di tutto per me.



Beccate 'sto disegno, Paolù. Qui a Wood Green ti si vuole un gran bene.

1 commento:

  1. Buongiorno Mattia,

    anche io sono un contiano di vecchia data e come te ho provato ad ascoltarlo cercando di essere imparziale.
    E' vero che c'è dell'easy listining, ma questo non si può dire per esempio per "L'uomo Specchio" e per "Glamour", tanto per citare qualche brano, elegantemente dissonante la prima, vampirescamente sperimentale la seconda.

    Alcune immagini (molte immagini), Il sound, il mood, sono contiani.


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