domenica 28 settembre 2014

ISOLA DI WIGHT: GRAN FINALE

Ci svegliamo abbastanza presto con una vaga sensazione di disagio. È colpa di Paolo, il camembert della sera prima. Ci sveglia minacciandoci con un coltello a serramanico, intimandoci di consumare la colazione di sotto il prima possibile, che è ora di andare.
Questa mattina ci gustiamo un ottimo toast con salmone affumicato, delle scrumbled eggs fatte come Dio comanda e, ovviamente, burro come se non ci fosse un domani. La colazione del Rockstone Cottage si riconferma come una delle esperienze migliori che l'Isola abbia da offrire.
Annego il mio disagio esistenziale nel succo d'arancia e con Pesca ci dirigiamo di sopra per fare bagagli. Il check out è previsto per le 10.

Ore 10:01, una voce stridula fuori dalla porta ci urla che è ora di scendere, che è ora di andare.
Cazzo, Rockstone Cottage. Eri stato praticamente perfetto. Ti sei fatto rovinare alla fine dalla proprietaria che aveva voglia di pulire in fretta. Che cazzo. Come il pessimo caffè che ti rovina la bocca dopo un pranzo eccezionale. Peccato.

Franpesca schiuma bile da ogni poro e lancia antiche maledizioni romane contro la signora, mentre pago e la proprietaria ci intrattiene con due chiacchiere prima di lasciarci per sempre.

“Prima vivevamo a Londra”, ci fa, “Ma è troppo caotica. Qui è diverso, puoi andare a far la spesa senza chiudere la porta”.

Io sorrido e penso cosa succederebbe se lasciassi la porta aperta a Wood Green.
Probabilmente tornerei a casa e troverei un'orgia di tossicodipendenti vestiti da clown. O un'orgia di clown dediti alla tossicodipendenza.

Lasciamo la tizia mentre Pesca continua, sbavando in una trance furiosa, a maledirla.




Ci spostiamo a Ryde, ridente cittadina a est dell'isola. Questa volta ci stupiamo di come sia tenuta bene e di come finalmente possiamo goderci una passeggiata senza lo spettro invisibile dell'abbandono. 




Facciamo il lungomare incontrando una quantità improponibile di volatili e dei mostruosi pedalò a forma di cigno. 



Raggiungiamo il Three Buoys (ristorante segnalato in maniera molto positiva su Tripadvisor) e, visto che si è fatta una certa, entriamo.





Il locale offre una suggestiva vista sul mare ed è luminoso e pulito. Una rarità, sull'isola britannica.
Breve sguardo ai menù portatici dal gentile staff e la scelta è fatta: 








sogliola con spinaci e ricotta (£17), pesce monaco con prosciutto croccante e pomodori secchi con contorno di patatas bravas (£16), pesca al prosecco (£6) e cheesecake al lime con spuma di limonata (£6). Il tutto sciacquato da un bicchiere medio + uno grande di Pinot grigio "Bella Modella"  (4.3 e 5.9 pound)
Le portate di pesce sono entrambe molto buone ma non eccellenti. Insomma, parliamoci chiaro: dietro al prosciutto croccante e ai pomodori secchi il sapore delicato del pesce monaco era presente solo sul menù e nella fantasia dello chef.
La pesca sciroppata di Francesca era una volgare pesca sciroppata. Con 'na cremina che secondo la mente sconvolta del cuoco doveva ricordare del prosecco. E due fragole buttate lì a far allegria.
La mia cheesecake, invece, era un fottuto capolavoro. Me ne sarei mangiato un container.
Usciamo storditi dal cibo e accolti da una pioggerella fastidiosa. Rapida occhiata alla tabella dei pullman per capire, inorriditi, una cosa: l'ultimo pullman c'è tipo in dieci minuti. Dall'altra parte di Ryde.

Noi eravamo in spiaggia. La fermata in cima ad una salita spaventosa. Metteteci che io avevo due chili di cibo nello stomaco e i bagagli.
Pesca, come nei film, si piega su se stessa, che non ce la può fare.
“Vai avanti tu, fermalo!”
“Ma... Ma...”
“FERMALOH!”
Uno scatto felino mi permette di raggiungere il pullman. Corro mentre la folla mi acclama come su Fantozzi, quando sento il rumore di qualcosa che casca e rotola sulla strada: è la mia milza, compagna di mille avventure.
Con Pesca giuriamo che mai e poi mai avremmo fatto una corsa del genere. Ma manco se fosse stata in gioco la reciproca vita.

Il pullman ci lascia davanti alla Hosborn House, conosciuta meglio come la residenza estiva della regina Vittoria. Passando per un bel viale alberato arriviamo davanti al cartello informativo:

Ingresso 15£

Una crisi di riso ci coglie fortissima, mentre ci allontaniamo dandoci grande pacche sulle spalle. Possono arrotolarsi i quindici pound belli stretti stretti e sbatterseli nella cavità anale, provocandosi una devastante peritonite.






Approfittiamo dei giardini attrezzati per consumare i panini e ci dirigiamo a piedi verso il porto di East Cowes. Nulla di che.






Al porto, mentre aspettiamo il traghetto, vado a pisciare. Mentre me ne sto lì con l'uccello in mano, sento una vocina stridula dall'altra parte della porta:

"Davvero non so dove l'ho messo. Eppure le noccioline sono buone quando sono bianche”

Sgrano gli occhi stupito da tanta folle incoerenza ed esco dal bagno. Mi trovo davanti lui:


Nel bagno non c'è nessuno. Solo lui.
Ho paura e, sorridendo nervosamente, lascio la stanza costeggiando le pareti, senza mai perdere di vista il folle.

Io e Pesca ci sorbiamo un altro viaggio interminabile e arriviamo a Southampton. 







Siamo mostruosamente in anticipo per il treno e decidiamo di fare un breve tour del centro. 

Questa è per te, Edo.






Acquistiamo dei panini di Tesco a base di maionese e plastica e ci addentriamo nel parco cittadino, godendo della tipica attrazione dei parchi inglesi: un'ambulanza che soccorre qualcuno in coma etilico.

Prendiamo il treno e via, si ritorna alla caotica Londra.

L'Isola di Wight è un posto dalle mille contraddizioni. Selvaggio, tranquillo, strano e abbandonato a se stesso. Ma anche decadente, frizzante, colorato e vivo.

Vale la pena del viaggio.

Ci rivedremo, isola.



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