lunedì 25 agosto 2014

SPAVENTI IMPORTANTI # 14: PERSO NELLA NEBBIA DEL MATTINO



Come ho già accennato in queste coordinate, mio zio Giacomo è manager di una super tenuta sulle colline vicino Perugia. Un posto incredibile.
La proprietà comprende tre oliveti giganteschi e un paio di vigne, oltre che svariati boschi e boschetti. Per me e per i miei cugini, inutile dirlo, quella tenuta è stato parco giochi, casa e scenario di mille avventure immaginarie.
Una volta me ne sto, Mattia adolescente, a dormire a casa di zio e succede che mi sveglio tipo alle 5 e non riesco a prender sonno.
Fuori dalla finestra, attanagliate dalla bruma del mattino, le colline circostanti sembrano tante isole evanescenti.
Mi vesto e decido, vista l'improvvisa insonnia, di farmi due passi attorno alla proprietà assieme a Mike, il gigantesco pastore tedesco posseduto da mio zio.

Mike aveva le dimensioni di una Fiat Panda. Figlio della campionessa europea e nipote del campione del mondo, Mike aveva un pedigree tale da poterlo far competere in una qualsivoglia gara, ma c'era solo un problema: Mike era di taglia gigante. Un cazzo di lupo siberiano. Un mostro. Dolce e affettuoso con il padrone così come poteva trasformarsi in cinquanta chilogrammi di ossa, muscoli e zanne verso nemici o altri cani. Fortunatamente Mike mi adorava.

Io e il lupo mannaro ci inoltriamo nei sentieri scoscesi che portano alla fine della collina, l'aria del mattino gelida sulle labbra e la nebbia fitta, innaturale, materica.
Mi infilo nell'oliveto immenso e, sorridendo, noto con quanta maniacale precisione zio l'abbia curato. Gli ulivi sembrano tutti assolutamente identici, non una foglia fuori posto. Perfetti, delle sagome di cartone.
E, greve sui mie pensieri, la nebbia. Quella nebbia solida che mi permette di vederne tipo tre alla volta.

Ad un tratto, succede: Mike inizia a ringhiare, guardando dritto dentro il banco di nebbia.
“Che è, Mike?”, chiedo io, nervoso.

Mike scopre i denti e il pelo gli si gonfia, facendogli raggiungere le dimensioni di un cavallo di taglia media.
Io inizio a cagarmi sotto.
Ad un certo punto il cane passa da un cupo ringhiare ad un abbaiare inferocito e, con scatto ferale, scompare nel grigio.
Io rimango solo, pietrificato, ascoltando l'abbaiare che si fa sempre più lontano, e pregando pietà per qualsiasi cosa abbia attirato la sua attenzione.




Ho paura. Quel nulla tangibile, pesante, grumoso mi fa paura.
E quel paesaggio di ulivi identici mi toglie ogni punto di riferimento. Inizio a camminare tra i filari rimbalzando tra mille immagini già viste. Nemmeno posso basarmi sulle erbacce, che quel maniaco di mio zio tiene tutto pulito e sotto i miei piedi scorre solo anonima terra nera.

Sento degli spari in lontananza. Cacciatori.

Ecco. Ci manca che quelli pensano che io sia un cinghiale e mi sguinzagliano dietro i cani.
Sento di nuovo abbaiare. Odio avere sempre ragione. Inizio a correre.
Ulivi. Ulivi. Ulivi. E, su tutto, lo spettro sonnolento della nebbia.
Inseguito dai cani in mezzo al nulla. Bella storia.
Il cuore mi scoppia nel petto, il fiato inizia mancare.

Sento l'abbaiare sempre più vicino e mi dico che è proprio un modo merdoso di crepare, sbranato dai segugi.

Mike balza dalla nebbia davanti al mio naso e io ho un principio di infarto, rilasciando all'istante una grande quantità di materia fecale nel mio completo intimo.

“Dov'è zio, Mike? Dov'è?”, sussurro al cane con un filo di voce. È la frase chiave per dirigere la belva verso il suo padrone.

Lui annusa, tira fuori la lingua e trotta verso casa. Lo seguo facendo grandi respiri per calmarmi.

Non saprò mai cosa aveva visto nella nebbia, quella mattina. Cosa è successo.


Non saprò mai quali orribili segreti nasconde la tenuta di mio zio.

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