giovedì 26 giugno 2014

LE RECENSIONI DEL POLPETTONE: THIEF PER PS4



C'è qualcuno di voi interessato ad un super riassunto della cosa, che magari siete di fretta e non avete tempo di leggere? Volete sapere, in una parola, cosa penso di Thief per PS4?

Sní.

Ecco. Sní. E che cazzo significa, direte voi? Significa che è quasi un si. Che è quasi uno di quei giochi che ti tiene attaccato al televisore. Che è quasi una di quelle cose che ci pensi e ci ripensi.
Avete notato quanti quasi ci sono stati? Appunto, troppi.

Non appena acquistai Thief fui colpito subito da una cosa: mi aspettavo di più dalla grafica. Non so perché. Forse avrei voluto le ombre più profonde e le luci più scintillanti. Più contrasti. Boh.




Non riesco a spiegarlo bene. Fatto sta che, mentre con Assassin’s Creed BF durante OGNI PARTITA era un continuo “ooooh” “aaaaah” “uuuuh” di ammirazione, per Thief mi è scappato un “porca puttana” all’inizio (bisogna ammettere che nonostante tutto sia molto bello da vedere), qualche sporadico “bello” poi, ma tutto qui.
Come se l’eccitazione visiva si fosse spenta in qualche modo.
Devo invece riconoscere che la costruzione dei livelli sia stata molto accurata sia dal punto di vista artistico che concettuale. Mi spiego meglio: 
1) Punto di vista artistico: la città, una specie di Londra medievale, è molto dettagliata e curata. 





Piccolezze. Dal barbone che dorme per strada alla cura per l’architettura dei luoghi. Infatti, ce lo insegna la storia del design, sono le piccolezze (oltre alle idee geniali) a fare di un prodotto un grande successo.
E la città di Thief, sotto questo punto di vista, è un successo: buia, fumosa e marcia il giusto. Come dicevamo prima, però, forse dovevano esserci più contrasti. Ma questo è gusto personale.
2) Punto di vista concettuale: la costruzione verticale dei livelli. Soprattutto dopo Dishonored ho imparato ad apprezzare il lavoro che un programmatore fa per darci l’idea di muoverci in una città e non in un corridoio.
Su Thief ci si può muovere per le strade, certo. Ma la presenza di guardie armate spesso spinge il giocatore a scegliere vie alternative come condotti, grondaie, scale, balconi o addirittura passare attraverso appartamenti. 




Magari inculandosi un paio di candelabri, già che uno c'è.
A volte i percorsi sono disponibili e bene in vista, altre volte bisogna “crearseli”, magari sparando una freccia-corda per raggiungere un punto troppo in alto o, sempre con una freccia, far scattare una carrucola che abbasserà un ponte.

Il gameplay è interessante. Il fattore “stealth” è, per ovvi motivi, il perno attorno a cui ruota ogni cosa. I giocatori che cercano un gioco ammazza-ammazza hanno sbagliato stanza, città, pianeta.
Strisciare nelle ombre, stordire, nascondersi e pensare sono le uniche armi che abbiamo, oltre al nostro fedele arco tamarro e ad un ridicolo manganello falliforme.




E allora perché quello Sní all’inizio della recensione? Perché non un bel SI scritto tutto maiuscolo?
Perché Thief, alla lunga, mi rompe i coglioni. È successo troppe volte che, dopo un venti minuti di gioco, io dicessi “Se Vabbeh Sticazzi mo' gioco un po' a Far Cry 3 e poi riprendo”.
Non dovrebbe essere così. Un videogioco non dovrebbe spingerti a prendere delle pause perché ti rompi le palle.
Esattamente come un buon libro, un grande film o una bella avventura, il videogioco ben fatto dovrebbe rapirti. Che ti trovi, quando scorrono i titoli di coda, a bestemmiare che è già finito. Che ne vuoi di più.

Io, vi dirò la verità, l’idea che questo gioco possa finire mi lascia indifferente.

SCALA GIORGINA!


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