sabato 10 maggio 2014

MATTIA VS FOOD # 4: BUTH JOLOKIA



Mio padre è un appassionato del peperoncino. Appassionato significa che se lo coltiva sulla terrazza della sua casa a Salerno, facendosi spedire semi e piantine dall’Iran, dall’India e dai più disparati paesi d’oltreoceano.
Poi, lui e i suoi amichetti, organizzano sedute di assaggi devastanti, in cui si divertono a bruciarsi gli intestini a vicenda.
Ma tanto lui è medico, cazzo gli frega.

Un annetto fa mi spedisce un pacco contenente peperoncini da ogni dove e in ogni forma: semi, peperoncini interi, sott’olio.
In una busta vi erano quattro o cinque Buth Jolokia.
Comunemente chiamato “Ghost Chilli”, il Buth Jolokia si pone tipo al terzo posto nella lista dei peperoncini più letali al mondo, con le sue 1.200.000 unità Scoville.
La Scala Scoville è quella usata per la piccantezza e, per darvi un'idea, un piccantissimo peperoncino calabrese ha tipo 30.000 Unita.

Una bella sera ce ne stiamo nel salotto della vecchia casa di Hornsey Park Road a ridere e scherzare, quando a me e Medha (una nostra ex coinquilina indiana) ci viene in mente una di quelle sfide che dovrebbero essere vietate dalla legge e combattute dall’ONU.

“Perché non ci mangiamo un Buth Jolokia intero???”

Tutti i presenti si siedono comodamente sui divani, mentre io e Medha rimaniamo in piedi di fronte a loro.
Infiliamo il cazzo di peperoncino in bocca e iniziamo a masticare.

Nulla.

“Ahah non è piccante! Che cagata!”, iniziamo a fare gli spacconi, masticando bene i semi e inghiottendo fino all’ultimo pezzetto.

Poi la botta arriva. Arriva sotto forma di un crampo addominale potentissimo che quasi rischia di farmi cagare addosso.
Sento fiamme invisibili avvolgere il mio corpo. Gli addominali iniziano a contrarsi da soli senza il mio volere e i suoni si fanno ovattati.
Medha scappa in cucina urlando “È COME MANGIARE IL CAZZO DI SOLEEEEEE”
Io provo a bere ma non cambia nulla. Cercano di farmi bere del latte ma non riesco a deglutire.
Non posso muovermi, non posso parlare, non posso deglutire.

L’inferno.

Riesco, con l’aiuto di Francesca, a fare una rampa di scale e ad entrare nel bagno.
Con orrore guardo il soffitto e capisco di avere le fottute allucinazioni: la parete bianca sembra sfondarsi e salire, salire, salire all’infinito.

Tutt’attorno è silenzio.

Esco dal bagno non so nemmeno quanto tempo dopo. La notte, inutile dirlo, l’inferno. Cerco di dormire ma, dentro lo stomaco, ho una massa bollente e pesante ed enorme.
Mi sento come se avessi mangiato un barbecue acceso.

Inutile dire cosa successe quando andai a cagare.



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