venerdì 14 febbraio 2014

SPAVENTI IMPORTANTI # 2



Era il lontano 2002 e The Ring aveva appena imperversato sui grandi schermi, scioccando le platee di mezzo mondo. Io devo dire, dopo la visione, di essere rimasto abbastanza colpito dalla pellicola. 
Dovete capirmi, avevo quattordici anni.

Pochi giorni dopo me ne stavo in casa da solo, che mia madre, mia sorella e mio padre erano da qualche parte, non ricordo bene dove.
Insomma, ancora mezzo scioccato dalla visione di The Ring e di quella fottuta Samantha, o Samara, o comecazzosichiamava, mi incammino verso camera mia. 
Mi ero trattenuto guardando tv spazzatura fino a tardi e le tenebre avevano avvolto completamente i corridoi. 
Fuori dalle finestre un cielo senza stelle regnava sulla notte.

Ora dovete sapere che nella mia vecchia casa se sia la porta di camera mia, sia quella della camera di mia madre erano aperte io, riflessa nel grande specchio accanto alla mia scrivania, potevo vedere la parete di fondo di camera di mia madre.
Visto che sono abbastanza convinto che nessuno ha capito una mazza di quanto scritto sopra, allego una mappa dettagliata arrivatami direttamente dal Catasto di Perugia:



Insomma entro in camera mia e, riflesso nello specchio, vedo questo:



Ovviamente accenno, senza osare girarmi, un sorriso nervoso. Di quelli che si dedicano alle situazioni assurde, quelle in cui ti dici no vabbè sto sognando, è un incubo, vaffanculo non può essere.
Sono effettivamente passato di botto dal salotto luminoso alla camera buia, quindi penso che gli occhi mi stiano giocando un brutto scherzo. Attendo terrorizzato che gli occhi mi si adattino alle tenebre, e vedo questo:



La situazione peggiora. Con gli occhi abituati quello che vedo è proprio un vestito bianco. E quella massa nera è filamentosa alla fine, come dei cazzo di capelli neri. E il tutto sta in piedi, proprio in mezzo alla stanza, immobile e inquietante.
Inutile che vi dica quanto io mi stessi cagando addosso.
Con un movimento esasperatamente lento, riesco a voltarmi verso l’orrenda visione, sperando fino all’ultimo che magari lo specchio era sporco, o maledetto, o rovinato.
Invece mi giro e...

La mia mente esamina tutte le varie possibilità, mentre il cuore mi arriva nei pressi dell’ugola e l'adrenalina mi fa scoppiare le tempie. Non potevo fuggire, se era qualcosa di sovrannaturale mi avrebbe preso comunque. Avevo visto troppi film per non saperlo.
Succede quindi quello che succede con le falene: inizio, come loro, a seguire la luce che mi brucerà le ali.

Lentamente, devastato dalla paura, inizio a camminare verso la fottuta Samara. 
Passo dopo passo, strascicando, percorro sei metri in un minuto e mezzo.

Ormai, se allungo il braccio, potrei toccarla. Lei è immobile.

Quand’ecco accade. Capisco tutto. E il mio corpo teso si rilassa a tal punto e talmente tanto in fretta che per poco non mi cago addosso: era il poggia abiti di mia madre, con sopra la sua vestaglia bianca e una diabolica sciarpa fatta di fili neri, che vi giuro su ciò che ho di più caro al mondo, sembravano dei cazzo di capelli.
Io sorrido. Poi una rabbia cieca si impossessa di me e sferrò un potentissimo calcio laterale al poggia abiti, che si sfascia contro la parete.

Quando mia madre vide il cumulo di vestiti e legno sul pavimento chiese ovviamente spiegazioni.

“Il vento”, risposi io.

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