lunedì 27 gennaio 2014

IL VENERDÌ NERO. CRONACHE DI UN POMERIGGIO ALCOLICO


Quando capita di parlarne durante cene o chiacchierate, ci riferiamo a quel venerdì pomeriggio in questo modo: il venerdì nero.
Tutto iniziò, come spesso accadeva, con me che invitavo a pranzo il mio amico Jack. Mio padre aveva una casetta deliziosa in Via della Sposa, ad un tiro di sasso dall'Accademia di Belle Arti di Perugia.
“Oh Jack ti va di venire a pranzo? Ci beviamo un bicchierino e poi torniamo a lezione.”
Jack, noto briccone, accettò con il sorriso sulle labbra. Sapeva già cosa sarebbe successo, ma si è stato zitto, il merdaccia.
Consumammo un pasto illegale a base di quattro salti in padella e pericolosissima Simmenthal scaduta. Per buttare giù il malloppone ci bevemmo una bottiglia di bianco. Ma a fine pasto, guarda caso, avevamo ancora sete. Demmo quindi fondo ad una bottiglia di spumante che mio padre conservava nel frigorifero, probabilmente per qualche occasione speciale. Poi caffè corretto, poi ci scolammo una bottiglia di genepì, pericolosissimo distillato abruzzese a base di erbe.
Il buon Jack, di origini pescaresi, subito lo descrisse come “sdraiavacche”.

Ecco, il genepì fu il punto di non ritorno. Fra me e il mio povero amico ci fu quello sguardo tipico degli universitari. Quello del silente, tacito “fanculo la lezione”.
Chiamai Francesco, che in quel momento stava bonariamente mangiando pavesini e yogurt a casa dei suoi.
“Pronto?”
“Francé vieni a casa di mio padre che io e Jack ce stamo a ubriacá.”
“Cinque minuti cinque e sono lì”, rispose lui, abbandonando la sua merenda borghese con fare teatrale.
Francesco, fidato compagno di mille avventure, arrivò con una bottiglia di rosso che durò il tempo di uno starnuto. Nel frattempo iniziammo una serie di quelle classiche attività pericolose quando si è ubriachi, tra cui accendere il fuoco nel camino e giocare con le bottiglie.
Bevemmo tutto quello che trovammo. Una bottiglia di ottimo Ron venezuelano, del pampero, del whisky.
Partì quindi il gioco dei disegni, quello che ognuno disegna la parte superiore del volto (tipo gli occhi), poi si piega il foglio e lo si passa a quello seduto alla tua destra. Sta poi al prossimo disegnare la parte media (naso e guance) e al prossimo disegnare bocca e mento. Demmo vita a mostri innominabili. Quando da sobrio rividi i disegni mi spaventai. Jack disegnò, al posto della fronte, un prato dove correva un uomo in bici completamente sproporzionato. Francesco una testa con il contorno costituito da bestemmie orripilanti. Io un’enorme vagina. Croci rovesciate, scroti, demoni, fiamme. Spero un giorno di poter caricare le scansioni meno offensive sul blog.
Io scesi d'un tratto nella cantina e scoprimmo dove mio padre teneva la sua riserva di liquori sudamericani. 
Lanciai un urlo di sopra: “Oh ci sta il Rhum!”
Sentii Jack urlare “STO ANDÀ A COMPRÀ IL SUCCO DI PERA!!!” E poi il suono della porta sbattere.
Quello che seguì fu un devastante gioco di shot alcolici. Da li i ricordi si fanno sfocati. Jack lanciò il suo zaino dell'accademia nel caminetto acceso. Cantammo fino a stare male. Cantammo Vasco Rossi, tra l’altro. L'unica testimonianza video del venerdì nero dovrebbe ancora essere conservata all'interno del mio vecchio cellulare Panasonic, quello a conchiglia.

Nel video stiamo urlando Albachiara. Jack è seduto sul divano, paonazzo in volto e con un guanto a mezze dita. Uno solo. Francesco balla, stravolto, con una bottiglia in mano.
Io riprendo lui. Poi Jack. Poi lui. Poi Jack, poi di nuovo lui, ma Francesco non c'è più. La ripresa traballa ubriaca e poi inquadro il pavimento: Francesco era a terra, svenuto.

Continuammo a cantare addosso a quel corpo immobile.
In ordine sparso, i pochi ricordi rimasti intatti della serata: due bottiglie di vino, io che cerco di stappare un lavandino otturato dal vomito con un mestolo in legno, Francesco per terra, jack a braccia aperte che urla qualcosa.

Al risveglio, Jack era sparito. I lavandino era otturato, pieno di vomito. La doccia pure. 
Venimmo poi a sapere che Jack era uscito, ebbro e delirante, ed era andato ad aiutare una nostra amica della Belle Arti a traslocare.
Con il padre di lei presente.
Che poi se l’è portato a bere per ringraziarlo.

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